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La nuova frontiera: costruire agenti, non solo usare modelli
Fino a ieri la partita dell’AI si giocava sui modelli: chi ne aveva di più potenti, addestrati su più dati, integrati in più applicazioni. Con il lancio di AgentKit e del suo Agent Builder, OpenAI cambia campo da gioco.
Non si tratta più di chiedere a un modello di rispondere a una domanda, ma di costruire entità autonome che agiscono, si collegano a strumenti, prendono decisioni e si coordinano con altri sistemi. È una mossa che trasforma ChatGPT da interfaccia conversazionale a piattaforma operativa.
Per i CTO, Tech CEO e CIO, questo è un segnale chiaro: la battaglia non sarà più sull’AI come “feature”, ma sull’architettura e il governo degli agenti.
AgentKit: il sistema operativo dell’agent economy
OpenAI definisce AgentKit come una piattaforma che consente di “creare, testare, distribuire e monitorare agenti AI end-to-end”.
Sotto il cofano, il sistema è composto da cinque moduli principali:
- Agent Builder – un canvas visivo per progettare logiche agentiche drag-and-drop, collegare tool, gestire versioni e testare il comportamento prima del rilascio.
- ChatKit – un framework per integrare facilmente interfacce conversazionali in prodotti e applicazioni.
- Connector Registry – un catalogo di connettori preconfigurati (Google Drive, Slack, Microsoft Teams, Salesforce, database interni, API aziendali) e un sistema per crearne di custom.
- Evals – strumenti di valutazione e tracciamento del comportamento dell’agente, con analisi automatica degli errori, grading e test set.
- Guardrails – filtri e policy per proteggere dati sensibili, evitare jailbreak e assicurare output conformi a linee guida aziendali.
Il risultato è una piattaforma no-code / low-code per costruire agenti AI senza dover scrivere pipeline complesse, ma con la possibilità di personalizzare tutto tramite API e SDK.
L’Agent Builder: dove si disegna il comportamento dell’agente
La parte più visibile e più simbolica è l’Agent Builder.
Si tratta di un ambiente visivo dove i team possono letteralmente “disegnare” il flusso logico dell’agente, collegando blocchi che rappresentano azioni, condizioni, prompt, chiamate API e funzioni di validazione.
Quello che prima richiedeva orchestratori, modelli personalizzati e settimane di test può ora essere realizzato in ore. OpenAI mostra casi in cui agenti interni per la gestione documentale o l’assistenza clienti sono stati prototipati in una giornata.
L’aspetto cruciale è la gestione delle versioni e del testing continuo: ogni agente è tracciato, testabile, rollbackabile.
È un approccio che porta finalmente una cultura DevOps anche nel mondo degli agenti AI.
Un ecosistema che guarda oltre ChatGPT
AgentKit non è un’estensione di ChatGPT: è un livello sopra.
L’azienda lo posiziona come la base per un futuro “App Store degli agenti”, dove sviluppatori, aziende e partner potranno pubblicare e scambiare agenti verificati.
Per OpenAI, questa è una strategia di piattaforma, non di prodotto.
Significa creare uno standard de facto per come si sviluppano, distribuiscono e gestiscono agenti AI, esattamente come Apple fece con le app nel 2008.
E come ogni piattaforma vincente, l’obiettivo è creare lock-in positivo: un ecosistema in cui ogni nuovo agente aumenta il valore complessivo della rete.
Perché questa mossa cambia la prospettiva dei CTO
1. L’AI non è più “un modulo”
Con gli agenti, l’AI diventa parte dell’infrastruttura operativa. Non più un componente esterno o un chatbot, ma un elemento che esegue, monitora, apprende e decide.
Il CTO non può più delegare all’R&D “una sperimentazione AI”: deve ripensare architettura, governance e security per un mondo popolato da agenti interni.
2. Gli agenti accorciano il ciclo tra idea e implementazione
Il vero valore di un builder visuale come quello di OpenAI non è la semplicità: è la riduzione del ciclo cognitivo.
Un product manager, un analista o un designer possono costruire un primo agente operativo senza passare da tre sprint di sviluppo.
Ciò spinge verso una nuova collaborazione interfunzionale tra tech, business e operation.
3. La nuova priorità è il controllo
Ogni azienda potrà costruire decine di agenti, ma il problema non sarà crearli: sarà governarli.
Chi definisce cosa può fare un agente? Chi ne monitora l’output? Chi lo spegne se inizia a deviare?
Qui si apre una nuova disciplina aziendale, che potremmo chiamare AgentOps.
I rischi e le zone d’ombra
Lock-in tecnologico
L’adozione profonda di AgentKit espone a un rischio evidente di dipendenza da OpenAI.
Connettori, storage e metriche sono pensati per funzionare nel suo ecosistema.
Per molte aziende sarà necessario mantenere strategie ibride, con una parte di orchestrazione interna e agenti collegati a modelli open (es. Anthropic, Mistral, Llama).
Complessità nascosta sotto il “no-code”
Dietro ogni nodo visuale restano prompt complessi, gestione di errori, timeout, loop e dipendenze tra agenti.
Il rischio è di sottovalutare la complessità cognitiva e scoprire troppo tardi che l’agente produce comportamenti emergenti difficili da prevedere.
Sicurezza e compliance
Gli agenti accedono a dati sensibili e possono compiere azioni concrete.
Una configurazione errata può comportare esposizione di proprietà intellettuale, violazioni GDPR, o decisioni automatizzate non conformi.
Le funzioni Guardrails aiutano, ma non sostituiscono policy interne e audit periodici.
Sovrapposizione con automazioni esistenti
Molte aziende hanno già sistemi di automazione (Zapier, Make, n8n, Power Automate).
AgentKit entra in concorrenza diretta con questi strumenti, ma con la potenza di un LLM integrato.
Per i team tech sarà necessario decidere quale livello di automazione rimane “regolistico” e quale passa sotto il controllo dell’AI.
Il contesto competitivo: OpenAI entra nel dominio dell’automazione
AgentKit non nasce nel vuoto.
Nel 2024-2025, il mercato dell’automazione AI ha visto l’ascesa di LangChain, CrewAI, Dust, Cognition, MCP (Model Context Protocol) e piattaforme come Zapier AI Actions.
OpenAI risponde con un’offerta integrata: modello, piattaforma e interfaccia nello stesso stack.
La differenza è l’ambizione: mentre altri orchestrano, OpenAI vuole essere l’orchestratore universale.
Il suo vantaggio competitivo non è tecnico, ma di ecosistema: l’enorme base di utenti ChatGPT, ora potenzialmente trasformabili in “operatori” di agenti propri.
Governance e cultura: il nuovo ruolo dei Tech Leader
L’introduzione di AgentKit non è solo un tema di stack, ma di leadership organizzativa.
Chi guida la tecnologia dovrà introdurre una forma di AI Governance operativa, con regole chiare su:
- Quali agenti possono essere creati e da chi;
- Come vengono validati e monitorati;
- Quali metriche definiscono successo, rischio e drift;
- Quando è previsto l’intervento umano.
Questo sposta il focus dal codice alla coreografia dei comportamenti.
La vera sfida per un Tech Leader sarà creare fiducia in sistemi che imparano, si adattano e operano in autonomia.
Verso un ecosistema agentico interno
Per molte imprese, il potenziale reale non è costruire agenti pubblici, ma creare un ecosistema interno: agenti HR, finance, legal, customer care, operation, tutti collegati a sistemi aziendali tramite API.
L’adozione progressiva può seguire tre fasi:
- Prototipi verticali – piccoli agenti con compiti singoli (es. analisi ticket, generazione report, assistenza tecnica).
- Agenti dipartimentali – agenti che gestiscono flussi di lavoro interni, collaborano con utenti e altri agenti.
- Orchestrazione cross-funzionale – rete di agenti che si scambiano contesto e azioni per automatizzare interi processi.
Il CTO dovrà pensare in termini di “architettura agentica”: interoperabilità, sicurezza, metriche, versioning.
L’impatto sul business: dove si sposta il valore
L’avvento di AgentKit porta una conseguenza chiara: il valore si sposta dal modello al sistema.
Nel 2023 il vantaggio competitivo era avere accesso ai modelli migliori.
Nel 2025, il vantaggio sarà avere agenti proprietari ben addestrati, monitorati e integrati nei processi.
È la stessa evoluzione che nel software tradizionale ha portato dal codice sorgente alle piattaforme SaaS e agli ecosistemi API.
In questa logica, chi controlla il flusso agentico controlla la nuova supply chain del lavoro cognitivo.
Per i Tech CEO e CTO: come muoversi ora
- Studiare i pattern agentici. Analizza come i tuoi processi potrebbero essere trasformati da agenti: quali azioni possono essere delegate, quali devono rimanere umane.
- Creare una sandbox interna. Sperimenta con un’istanza controllata di AgentKit o framework open (LangGraph, CrewAI). Il valore è nel capire come gli agenti interagiscono con dati reali e vincoli di governance.
- Definire standard di validazione e monitoraggio. Ogni agente deve essere tracciabile e spiegabile. Nessuna automazione “cieca”. Prevedi log, revisioni, audit e metriche di accuratezza.
- Costruire competenze trasversali. Serviranno nuove figure: Agent Designer, Prompt Architect, AgentOps Engineer. Formare il team ora significa ridurre la dipendenza esterna domani.
- Evitare il “pilota per il pilota”. L’entusiasmo per il no-code può generare agenti inutili. Parti da un problema concreto, non da una tecnologia da esplorare.
La visione più ampia: verso una nuova Internet dell’azione
Se ChatGPT è stato l’inizio dell’“Internet del linguaggio”, l’era degli agenti segna l’arrivo dell’Internet dell’azione.
Non più chiedere: “Cosa sai?”, ma “Cosa puoi fare per me?”.
OpenAI, con AgentKit e Agent Builder, non sta solo rilasciando strumenti: sta ridefinendo la grammatica stessa dell’interazione tra umani, AI e software.
Le aziende che impareranno a progettare queste relazioni oggi, costruiranno i vantaggi competitivi di domani.
Per chi vuole approfondire come strutturare una strategia AI aziendale o capire da dove iniziare a costruire agenti interni, il GamePlan Workshop di Axelerant è un punto di partenza utile: aiuta a disegnare la roadmap, definire i casi d’uso e preparare il terreno tecnologico e organizzativo per soluzioni come AgentKit.
Altri approfondimenti su questi temi sono disponibili anche nel podcast Pionieri del Tech e sul canale YouTube Tech No Logic.