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L’intelligenza artificiale sta entrando in quasi ogni ambito operativo delle aziende, ma ce ne sono alcuni dove l’adozione è ancora lenta, prudente, a tratti diffidente. Il settore legale è uno di questi.
Il motivo? Più che la tecnologia, pesa la percezione culturale. Per molti imprenditori italiani, la parte legale resta un ambito da delegare (quando possibile) o da evitare (quando si può). A questo si aggiunge una doppia barriera: la complessità del linguaggio giuridico e il timore di affidarsi a sistemi automatizzati in contesti delicati come contratti, firme e responsabilità.
Eppure, è proprio qui che l’AI può dare un contributo decisivo – non per sostituire gli avvocati, ma per potenziare le capacità decisionali e operative di chi fa impresa. Ne abbiamo parlato in un episodio di Techpreneurs Talks con Luca Visconti, avvocato e CEO di HEU, startup che sviluppa una piattaforma AI-powered per la gestione legale quotidiana delle aziende.
AI e legalità: dalla promessa all’adozione
Il primo nodo non è tecnico, ma psicologico. “L’intelligenza artificiale in ambito legale spaventa – racconta Visconti – perché significa affidare a una macchina la regolazione di rapporti umani”. E questa paura colpisce due target in modo opposto: i professionisti temono di essere sostituiti, mentre gli imprenditori temono di sbagliare.
Per questo HEU ha puntato su un approccio progressivo: partire dalle attività ordinarie, già spesso svolte senza l’aiuto di un legale, e migliorarle con l’AI. Compilazione automatica, revisione contrattuale, firma elettronica, tutto in un unico ambiente.
Il punto non è automatizzare l’intero processo, ma rendere più affidabili, economiche e rapide quelle attività che gli imprenditori già fanno da sé, spesso con strumenti inadatti (modelli generici, copia-incolla, interpretazioni sbagliate).
Come si costruisce fiducia in un’AI legale
HEU non si limita a “connettere GPT a un editor”. Il vero lavoro, spiega Visconti, è nell’addestramento degli agenti AI sulla prassi reale, non solo sulla normativa. “Le leggi dicono cosa non fare, ma non sempre spiegano come fare. La prassi commerciale colma questo vuoto”.
Per questo gli agenti sono verticalizzati per settore: immobiliare, marketing, privacy, lavoro, startup VC. Ogni dominio ha il proprio linguaggio, le proprie ambiguità, le proprie esigenze.
Altro punto centrale: l’interfaccia e l’esperienza d’uso. HEU cerca di diventare una piattaforma “habit forming” – come una palestra con piscina: ti iscrivi per la firma elettronica (che usi spesso), ma poi scopri che puoi usare anche la revisione AI. Questo è ciò che permette di costruire abitudine e fiducia.
Una sfida di prodotto, prima ancora che di diritto
Il nodo più interessante non è giuridico ma imprenditoriale: come si porta innovazione in un mercato regolato, complesso e poco propenso al cambiamento? La risposta che emerge dal racconto di HEU è chiara: con l’ascolto continuo degli utenti, la riduzione dell’attrito e una UX che aiuti a porre meglio le domande.
Perché è proprio qui che si gioca la partita: un’AI legale non può permettersi risposte sbagliate, ma nemmeno può pretendere domande perfette. Serve un middle layer che interpreti l’intento dell’utente anche quando l’input è vago o confuso, come spesso accade nella realtà.
Il futuro? L’AI fa il lavoro sporco, l’umano decide
Secondo Visconti, la traiettoria è chiara: “L’AI farà sempre più il lavoro operativo e ripetitivo – redazioni, revisioni, notifiche – mentre l’umano manterrà la responsabilità decisionale”. È una suddivisione dei ruoli inevitabile in ogni settore, ma particolarmente sensata in ambito legale.
Nel lungo periodo, la vera differenza la faranno la qualità dei dati e la semplicità del prodotto. La tecnologia di base sarà sempre più disponibile; a fare la differenza sarà chi saprà calarla in contesti concreti, verticali e accessibili.
Non solo AI: tre spunti di design e mindset
Alla fine della chiacchierata, Visconti ha condiviso tre risorse che l’hanno aiutato a costruire il suo approccio:
- “Hooked” di Nir Eyal: per capire come costruire prodotti che creano abitudini reali, non solo hype.
- “Eleven Rings” di Phil Jackson: il coaching sportivo come metafora della leadership in team interdisciplinari.
- “Giocati dal Caso” di Nassim Taleb: una riflessione sulla fortuna, il rischio e il ruolo del caso nel successo (con un finale da non perdere).
Conclusione
Il legaltech italiano sta muovendo i primi passi seri verso l’integrazione dell’AI nei processi quotidiani delle aziende. Ma non sarà l’intelligenza artificiale a fare il salto, bensì la capacità di progettare prodotti realmente utili, comprensibili e integrabili nella vita di chi fa impresa. HEU è uno dei casi più interessanti per osservare da vicino questa trasformazione.
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