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Quando il prodotto diventa facilmente replicabile, è il servizio a fare la differenza. Non quello inteso come “cortesia al cliente”, ma servizio come sistema operativo dell’azienda: processi standard, logistica affidabile, piattaforme digitali e continuità operativa. La storia di Osculati mostra come questo principio, applicato con metodo per oltre vent’anni, possa trasformare un’azienda familiare in un’organizzazione capace di muoversi con agilità in un settore maturo come quello della nautica.
Le origini della trasformazione: continuità e innovazione
Alla fine degli anni ’90, Osculati è già un nome affermato. Il passaggio generazionale non azzera la memoria aziendale ma porta un nuovo ritmo. Non si parla di rivoluzione improvvisa, bensì di una transizione “2,5”: continuità con il passato, ma con un cambio di passo sul fronte tecnologico. La leadership capisce che per scalare non basta produrre di più: serve ridurre attriti interni, aumentare la velocità di risposta e rendere il servizio affidabile.
Il primo vero salto arriva nel 1999. Con l’introduzione di un dominio Windows e di strumenti come Word ed Excel, l’azienda esce da una logica artigianale fatta di fax, file locali e documenti scollegati. È una trasformazione invisibile ai clienti, ma fondamentale: per la prima volta i dati diventano patrimonio comune, non più frammenti gestiti da singoli reparti.
L’ERP come fondamento
La vera pietra angolare della trasformazione arriva nel 2001, quando Osculati adotta Navision, in seguito confluito nell’ecosistema Microsoft Dynamics. Qui si vede la differenza tra tecnologia come supporto e tecnologia come leva strategica. L’ERP consente di standardizzare i documenti, ridurre gli errori negli ordini, velocizzare l’inserimento dati e garantire tracciabilità. È un passaggio che all’esterno può sembrare burocratico, ma che all’interno ridisegna le regole del gioco: processi coerenti e dati affidabili diventano il presupposto per qualsiasi altra innovazione.
Il 2007 come spartiacque: IT e logistica insieme
Ogni azienda ha un anno spartiacque. Per Osculati è il 2007. Nasce un “dream team” che unisce IT e logistica. Da questa sinergia prendono forma due progetti cruciali.
Il primo è la trasformazione del catalogo da documento statico a database dinamico. Inserito in un CMS, diventa multilingua, indicizzabile e soprattutto riutilizzabile dai partner. Per i rivenditori significa avere dati pronti per costruire e-shop rapidi, con descrizioni e listini aggiornati. Per l’azienda significa moltiplicare la propria presenza digitale attraverso la rete distributiva.
Il secondo progetto è l’introduzione di un WMS industriale. Dopo anni di soluzioni interne, l’azienda passa a terminali portatili, stampanti mobili e magazzini verticali. Il picking diventa più veloce, gli errori si riducono drasticamente e la capacità di evadere ordini complessi cresce senza necessità di raddoppiare superfici. La logistica smette di essere un “retro” e diventa parte integrante della customer experience.
Dall’efficienza interna al canale digitale
Una volta consolidati i processi interni, Osculati apre la partita commerciale. Nasce un portale e-commerce B2B che oggi genera circa metà degli ordini complessivi. L’altra metà continua ad arrivare dai gestionali dei partner: una coesistenza pragmatica, che riconosce la diversità della base clienti senza imporre un unico canale.
La vera innovazione non è tanto il portale in sé, quanto la convergenza dei dati: disponibilità in tempo reale, listini aggiornati, flussi standardizzati. È qui che il servizio diventa tangibile per i partner, che possono fidarsi delle informazioni senza necessità di verifiche manuali.
Il Covid come stress test
La pandemia del 2020 mette alla prova tutte le aziende. Molte vanno in difficoltà, Osculati no. Lo smart working si attiva quasi immediatamente grazie a infrastrutture già predisposte, reti veloci e processi digitalizzati. Il cartaceo è stato ridotto negli anni precedenti, il che rende naturale il passaggio a modalità operative distribuite. Il Covid dimostra che la resilienza non si improvvisa: si costruisce in anticipo con scelte coerenti.
Da questo momento diventa chiaro che la business continuity non può essere ridotta al concetto di backup. Per garantire servizio costante serve architettura distribuita. Ed è qui che entra in scena il cloud.
Il cloud come condizione minima
Parlare di cloud in un contesto come questo non significa inseguire mode. Significa garantire ripartenza rapida, minor dipendenza da singoli siti fisici, elasticità per affrontare picchi stagionali.
In un’azienda di medie dimensioni, mantenere in casa tutta l’infrastruttura sarebbe inefficiente e rischioso. Il cloud diventa quindi la naturale estensione di un percorso già tracciato: garantire al cliente che l’azienda resti operativa in ogni circostanza.
L’orizzonte AI
Il passo successivo guarda all’intelligenza artificiale. Non come gadget per le presentazioni, ma come leva per aumentare produttività e ridurre errori. Le applicazioni possibili sono molte: dall’assistenza pre-ordine per i rivenditori, al supporto in fase di picking, fino alla generazione multilingua delle schede prodotto.
L’approccio è lo stesso che ha guidato le scelte degli ultimi vent’anni: adottare la tecnologia non per moda, ma per togliere attriti lungo il ciclo di vita del cliente.
Lezioni di leadership
Il percorso di Osculati consegna alcune lezioni utili a chi guida aziende in settori complessi. Prima di tutto, ogni progetto deve rispondere a un collo di bottiglia concreto. Non si digitalizza per digitalizzare. Si interviene perché serve più velocità, meno errori, più affidabilità. In secondo luogo, la collaborazione tra IT e logistica è decisiva: senza una visione condivisa, le piattaforme restano scatole vuote. Infine, la continuità non si costruisce quando serve: si pianifica anni prima, con scelte infrastrutturali coerenti.
Lo stesso Alberto Osculati sintetizza la questione con un consiglio pratico: scegliete contesti che ascoltano e innovano. Se l’azienda non è pronta, cambiate terreno. Non si tratta di romanticismo, ma di pragmatismo manageriale.
Conclusione
La storia di Osculati non è un racconto di “grandi trasformazioni digitali” calate dall’alto. È una sequenza di scelte operative, coerenti e progressive. Dal fax al dominio Windows. Dal gestionale interno al WMS industriale. Dal catalogo cartaceo al CMS multilingua. Dall’ordine via telefono al portale B2B. Dalla business continuity improvvisata al cloud. E ora, dall’efficienza tradizionale all’intelligenza artificiale.
La lezione è chiara: la trasformazione digitale non è un evento unico. È un metodo, una disciplina che si misura sulla riduzione degli attriti, sull’affidabilità percepita dal cliente e sulla capacità di accumulare vantaggi strutturali anno dopo anno.