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Quando si parla di eCommerce e digitalizzazione, il settore del lusso è spesso visto come l’ultima frontiera. Non per mancanza di budget, ma per un elemento molto più profondo: la trasformazione digitale, in questi contesti, non può essere una semplice implementazione tecnologica. Deve diventare una reinterpretazione coerente dell’identità del brand. E questo richiede una comprensione fine dell’equilibrio tra artigianato, customer experience e canali digitali.
Ne ho parlato con Davide Donati, Head of Marketing del Gruppo Bartorelli Gioiellerie 1882, durante una puntata di Pionieri del Tech. Il caso Bartorelli è emblematico per chi, anche fuori dal lusso, vuole capire cosa significa davvero innovare nel rispetto di una storia.
Un brand di oltre 140 anni che ha scelto l’innovazione
Bartorelli è un nome che nel mondo dell’alta orologeria e gioielleria ha peso. Fondata nel 1882, è un’azienda che ha saputo restare saldamente legata alle sue radici familiari e al proprio posizionamento di fascia altissima, ma che, già più di dieci anni fa, ha compiuto una scelta coraggiosa: investire in un sistema gestionale completamente sviluppato in-housee lanciare una piattaforma eCommerce transazionale, in tempi in cui parlare di vendita online nel lusso era considerato quasi un tabù.
Parliamo di anni in cui dominava il sospetto, anche da parte dei brand partner, che l’online potesse svalutare l’esperienza. Eppure Bartorelli è stata pioniera, sviluppando tutto con risorse proprie e diventando uno dei primi player italiani a distribuire online determinati marchi iconici.
Il merito di questa svolta va anche a Marco Bartorelli, oggi ancora alla guida sia delle operations che della parte digitale. Una figura imprenditoriale che ha saputo intuire in anticipo il potenziale del digitale come estensione del posizionamento e non come strumento accessorio.
Non basta digitalizzare: serve creare fiducia
Uno dei punti più interessanti emersi durante la conversazione con Donati è legato alla natura del prodotto lusso. Non si tratta di un acquisto funzionale. Chi compra un orologio da 10.000 euro o un anello per una proposta di matrimonio non cerca solo il prodotto: cerca significato, fiducia, ritualità. E in quel contesto ogni dettaglio, dal packaging al tono della voce di chi ti risponde, può rafforzare o distruggere l’esperienza.
Nel mondo offline questo è stato per anni gestito tramite boutique eleganti, personale formato, relazioni umane. Ma nel digitale?
Qui entra in gioco la parte più strategica del lavoro fatto da Bartorelli. La piattaforma eCommerce, pur essendo tecnologicamente avanzata, non si comporta come una vetrina standard. Non punta alla conversione immediata, stile “click & buy”, ma lavora su un funnel lungo, dove ogni touchpoint è costruito per trasmettere autorevolezza, continuità e rassicurazione.
Gli acquisti spesso si finalizzano offline, dopo aver esplorato l’eCommerce. Oppure avvengono online, ma solo dopo un contatto personale. In entrambi i casi, il sito funge da ponte, non da sostituto.
La tecnologia al servizio dell’identità, non il contrario
In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale è la buzzword dominante, Bartorelli ha scelto di non automatizzare il customer care. Non per snobismo tecnologico, ma per coerenza con il proprio posizionamento.
Mentre altri investono in chatbot avanzati, l’azienda continua a privilegiare il contatto umano. E quando un cliente chiama nel 2024 chiedendo esplicitamente di parlare con la stessa persona del 2023, vuol dire che la relazione è stata coltivata nel modo giusto.
L’AI non è però esclusa: viene usata con intelligenza per analizzare i dati, migliorare la segmentazione, anticipare bisogni. In particolare per prodotti che necessitano di manutenzione post-vendita, l’analisi predittiva è vista come un valore strategico per rafforzare la relazione con il cliente.
In parallelo, Bartorelli sta lavorando al lancio di un’app proprietaria. Non un semplice strumento, ma un ambiente relazionale e informativo che, nelle intenzioni, dovrebbe diventare parte integrante della quotidianità del cliente. Il paragone fatto da Donati è significativo: installare l’app Bartorelli dovrebbe diventare un gesto quasi intimo, come quello di avere sul proprio smartphone l’app della banca.
Iperpersonalizzazione e gestione multibrand
Un altro aspetto centrale emerso nella puntata è la diversità di pubblico. Bartorelli non è solo un monobrand: rappresenta vari marchi, ognuno con un’identità propria. Ecco perché parlare di “buyer persona” al singolare sarebbe un errore strategico.
L’eCommerce si sta quindi evolvendo verso una logica di iperpersonalizzazione, in cui ogni visitatore riceve un’esperienza coerente con il proprio profilo, i propri interessi, il proprio storico. La direzione è quella di costruire percorsi completamente differenti per chi cerca gioielleria, orologeria o prodotti iconici di un determinato brand.
Qui l’AI gioca un ruolo chiave, ma solo dietro le quinte. L’utente non deve “percepire” l’algoritmo. Deve percepire attenzione, eleganza e rilevanza.
Digitalizzare senza snaturare: una lezione per tutti
Durante l’intervista, Davide Donati ha offerto anche un consiglio a tutte le aziende storiche che si stanno avvicinando alla digitalizzazione: non farsi travolgere dall’entusiasmo per la tecnologia, ma adottarla in modo rispettoso e graduale, coerente con la storia aziendale e con le aspettative del cliente.
È un messaggio che vale ben oltre il mondo del lusso. Ogni azienda che ha un posizionamento forte dovrebbe domandarsi non tanto “quale tecnologia adottare”, ma “come usarla per esprimere meglio la propria identità”.
La trasformazione digitale non è mai neutra. È un atto di posizionamento. E il caso Bartorelli dimostra che anche i settori più tradizionali, se guidati da una visione strategica, possono innovare con coerenza.