Indice
Introduzione
Nel mondo delle chiacchiere da LinkedIn, l’innovazione sembra sempre sexy.
Poi parli con chi lavora davvero dentro le banche, e ti accorgi che la storia è molto diversa.
Non si parla solo di AI, cloud e blockchain. Si parla di sistemi legacy costruiti in decenni, di infrastrutture critiche, di ambienti IT che ricordano più Frankenstein che Silicon Valley. Eppure, è proprio da qui che deve partire la trasformazione.
In questo episodio di Hacking Expert ho avuto il piacere di confrontarmi con Simone Chiappino, Head of Project Management di OCS, una delle realtà più solide del panorama FinTech italiano. Con lui abbiamo esplorato a fondo come il settore bancario sta evolvendo, tra sfide strutturali e opportunità tecnologiche.
Ecco i punti chiave emersi. Spoiler: non c’è spazio per gli improvvisati.
Le banche sono aziende IT. Il problema è che molte non lo sanno (o fingono di non saperlo)
Simone lo dice chiaramente: “Le banche sono tra i settori più digitalizzati da decenni”.
Eppure si portano dietro una zavorra che molti sottovalutano: decine di migliaia di applicazioni legacy, frammentazione dei sistemi, linguaggi di programmazione che risalgono agli anni ’60.
Nel mondo reale, il digital banking non si fa con slide patinate ma mettendo mano a monoliti in COBOL, spesso senza una vera visione architetturale.
Il risultato? Sistemi “Bankenstein”, come li chiama qualcuno.
Il cloud non è (solo) una questione di costi
C’è un errore comune che molte aziende commettono: vedere il cloud solo come leva per risparmiare.
È miope. Il cloud è una piattaforma di ripensamento radicale.
Portare sistemi bancari in ambienti cloud non è un semplice lift & shift. È un re-platforming strutturale, che abbraccia modularità, microservizi, scalability e — finalmente — velocità di delivery.
Come dice Simone:
Il cloud, se affrontato seriamente, ti permette di aggiungere funzionalità, aprire canali, scalare, e farlo in tempi che il legacy si sogna.
FinTech nativi vs banche tradizionali: collaborazione prima della competizione
Un tempo le fintech erano viste come minacce. Oggi, sempre più spesso, diventano partner.
L’open banking (PSD2) ha cambiato le regole del gioco: le API aprono le porte alla cooperazione, e le banche stanno imparando a integrarsi con attori verticali che fanno una sola cosa… ma la fanno dannatamente bene.
È la fine della banca “tuttofare”? Non necessariamente. Ma sicuramente è la nascita di un modello più modulare, che richiede capacità di orchestrazione e non più solo di esecuzione.
L’intelligenza artificiale come leva strategica (non solo tecnologica)
Qui entriamo nel vivo. Simone, con background anche accademico sull’AI, è molto netto:
L’intelligenza artificiale può trasformare le banche. E secondo me lo farà.
E i dati lo confermano: secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2024 il settore bancario ha visto un aumento del 70% negli investimenti in AI.
Perché? Perché l’AI impatta su tutto:
- Customer experience conversazionale (chatbot evoluti, pagamenti vocali, agenti intelligenti)
- Analisi del rischio e credit scoring (basati su modelli comportamentali predittivi)
- Personalizzazione dei servizi bancari (basata su dati reali e in tempo reale)
Non si tratta solo di ottimizzazione. Si tratta di capacità di creare nuove esperienze.
Il futuro è frictionless (e forse hardware-less)
Un altro concetto chiave emerso: la progressiva scomparsa dell’hardware visibile.
POS virtuali, carte tokenizzate, anelli e smartwatch che pagano al posto nostro, wallet digitali che diventano vere e proprie “cassette di sicurezza personali” dove convivono valuta, identità, firme, certificati, asset digitali.
Il risultato? Un nuovo paradigma:
- Transazioni invisibili ma verificate
- Esperienze fluide ma sicure
- Interazioni digitali ma personali
Con un impatto enorme anche su KYC, onboarding e firma digitale. L’identità digitale diventa il cuore di tutto, in una logica di self-sovereign identity.
Banche del futuro? Certificatori di fiducia nei nuovi mercati digitali
Questa è, a mio parere, una delle frasi più potenti dell’intervista:
Il futuro non è la banca che diventa un Amazon. È la banca che certifica l’intero ecosistema.
In un mondo in cui si scambiano crediti di carbonio, NFT agricoli e asset immateriali, le banche hanno una nuova responsabilità: diventare garanti della fiducia e della validità nei mercati emergenti.
Chi lo capisce adesso, costruirà il vantaggio competitivo di domani.
Chi resta ancorato alla visione “sportello + app” rischia di essere tagliato fuori.
Conclusioni (per chi vuole guidare, non subire)
Questa chiacchierata con Simone Chiappino è stata una vera masterclass sul futuro del FinTech, ma anche una chiamata all’azione per chi lavora nel mondo tech.
- Se sei un Tech Leader in ambito bancario: chiediti se stai governando la complessità o la stai subendo.
- Se sei una FinTech: chiediti come puoi integrarti strategicamente, non solo tecnicamente.
- Se sei un CEO o CPO: chiediti se la tua roadmap è una mappa o un labirinto.
Il futuro del banking non sarà per chi fa più feature.
Sarà per chi costruisce piattaforme di fiducia, orchestrazione e valore.