Indice
L’intelligenza artificiale applicata alla produttività aziendale è entrata nella fase in cui smette di essere “wow” e inizia a diventare “come facciamo a governarla?”.
Non parliamo più solo di prompt, playground e prototipi isolati. Nelle aziende che stanno prendendo sul serio il tema, l’AI si sta insinuando nel posto più delicato: il flusso di lavoro quotidiano. Inbox, chat, meeting, decisioni, selezione delle tecnologie, relazione con i vendor.
In questa prospettiva, strumenti come Slack – nati come tool di collaborazione – stanno evolvendo in qualcosa di diverso: un hub di produttività intelligente in cui le conversazioni diventano il punto di accesso ai processi di business, orchestrati da modelli di AI generativa.
La conversazione che ho avuto con Tommaso Fè (Enterprise Account Executive Slack | Salesforce, con background da sviluppatore) è un ottimo pretesto per parlare di questa trasformazione più ampia: non tanto di “un prodotto”, quanto del modo in cui CTO e Tech Leader possono usare l’AI per ridisegnare produttività, ruoli e governance tecnologica.
La produttività non è più un problema di “dove stanno i file”, ma di “come entro nei flussi”
Per anni abbiamo ragionato sulla produttività con uno schema molto semplice: posta, documenti, chat, qualche integrazione tra strumenti.
La prima ondata cloud è stata una guerra di suite: Google Workspace contro Office 365, chi gestiva meglio mail, calendar, documenti, storage.
Oggi la domanda è diventata un’altra:
come trasformo la conversazione in processo di business, senza costringere le persone a saltare tra 10 applicazioni diverse?
È qui che il ruolo di un hub come Slack diventa interessante:
- raccoglie conversazioni, file, notifiche, eventi di sistema
- si integra con CRM, ERP, ticketing, marketing platform, data platform
- espone tutto questo tramite un’interfaccia naturale, sempre più conversazionale
Con l’AI generativa, questo livello inizia a farsi carico di una parte dell’onere cognitivo di cui ci lamentiamo da anni:
- riassunti automatici di thread infiniti prima di entrare in riunione
- daily digest intelligenti sui soli canali, clienti o progetti che ti interessano
- ricerche conversazionali che non chiedono “dove sta il dato?”, ma “cosa devo sapere per decidere?”.
Non è più solo un tema di “centralizzare la comunicazione”, ma di stratificare sopra la comunicazione uno strato di intelligenza che la rende azionabile.
Dalla GUI alla conversazione: un nuovo salto di paradigma
Se guardiamo la storia dell’informatica, i veri salti non sono stati i linguaggi o l’hardware, ma le interfacce:
- terminali a caratteri
- interfacce grafiche
- web
- mobile
- ora, interfacce conversazionali supportate da AI
L’AI generativa unita a piattaforme come Slack, Microsoft Teams o le suite Google non è solo “un’altra feature”: è un cambio di paradigma su come entriamo in contatto con i sistemi informativi.
Non devo più:
- sapere quale applicazione “possiede” il dato
- conoscere la sua struttura interna
- navigare 4 menu per arrivare alla vista giusta
Posso chiedere in linguaggio naturale, e l’AI fa da interprete tra:
- il mio contesto
- le regole di business
- le business application sottostanti
La vera partita, qui, non è la spettacolarità del modello. È la sua azionabilità sui processi:
- aprire ticket
- aggiornare record CRM
- avviare un flusso di approvazione
- schedulare meeting
- interrogare dati distribuiti tra più piattaforme
L’azienda che riuscirà a orchestrare questo livello in modo coerente – invece di costruire “totem di AI” scollegati dal resto – otterrà un vantaggio competitivo reale.
Il ruolo del CTO: meno “oracolo” solitario, più regista fact-driven
Ogni volta che si parla di AI, tra i CTO emerge un doppio timore:
- lo sviluppatore “sostituito” dal modello
- la strategia tecnologica dettata dai vendor e dall’hype, non dai fatti
La realtà che emerge è l’opposto: se usata bene, l’AI rafforza il ruolo del CTO.
Perché?
- Puoi supportare le tue scelte con dati e insight raccolti da migliaia di interazioni, conversazioni e feedback dei team, non solo da slide dei vendor o report patinati.
- Puoi favorire un percorso bottom-up: i team sperimentano e portano POC con AI, tu li consolidi in decisioni architetturali coerenti e difendibili in board.
- Puoi sintetizzare rapidamente alternative, scenari, rischi e ROI, parlando il linguaggio del business senza perdere la profondità tecnica.
Il CTO smette di essere “quello che dice sì o no alla tecnologia X” e diventa la figura che:
- fa emergere competenze e sperimentazioni dai team
- le filtra con l’AI per convertirle in insight
- le traduce in scelte tecnologiche e di vendor fact-driven, non guidate solo da moda o lobbying commerciale
In altre parole: l’AI riduce la distanza tra “quello che realmente succede nei sistemi” e “quello che il board deve decidere”.
Buy vs make nell’AI: il falso comfort del motore “nostro”
Uno dei punti più delicati che emerge nella conversazione con Tommaso è il classico dilemma:
costruire in casa il proprio “motore di AI” oppure appoggiarsi a soluzioni di mercato?
Molti CTO stanno partendo così:
- prendo un LLM base
- lo “impacchetto” in una soluzione interna
- lo innesto sulle mie applicazioni
La tentazione è comprensibile:
- controllo percepito maggiore
- idea di avere qualcosa di proprietario
- paura di dipendere da vendor esterni
Il problema è che:
- la sicurezza e la robustezza di un LLM non si improvvisano
- il perimetro di attacco si allarga in modo drastico
- mantenere in modo sicuro un motore proprietario richiede investimenti enormi e continui
Le grandi piattaforme (Slack, Salesforce, Microsoft, Google, ecc.) stanno andando nella direzione di creare layer intermedi di controllo, in grado di:
- filtrare prompt e risposte
- evitare leakage di dati sensibili verso modelli esterni
- aggiungere policy e controlli custom intorno al motore
In pratica, l’AI è “incapsulata” dentro un ecosistema di sicurezza e governance.
Questo non significa che non abbia senso costruire nulla in casa. Significa che il make deve essere:
- mirato a ciò che è davvero vantaggio competitivo core,
- integrato sopra stack e servizi robusti,
- non una reinvenzione “artigianale” della ruota.
Il rischio più grande oggi per un CTO non è “non fare AI”, ma partire nella direzione sbagliata con investimenti difficili da ribaltare.
Il rischio di “spaghetti AI”: LLM che parlano con LLM
C’è un incubo architetturale che vedremo sempre di più:
LLM che parlano con altri LLM, ognuno incollato a pezzi di sistemi, senza un disegno coerente.
Se ogni area aziendale:
- sceglie un proprio motore
- implementa una propria interfaccia conversazionale
- crea un proprio strato di “automatismi”
ci ritroveremo con:
- stack difficili da governare
- comportamenti emergenti non previsti
- allucinazioni che si amplificano a catena
- problemi di auditabilità e compliance ingestibili
È la vecchia sindrome dello spaghetti code, ma a un livello più pericoloso: non più solo funzioni o servizi, ma strati cognitivi che prendono decisioni o suggeriscono azioni.
Per questo ha senso partire da:
- un hub di produttività condiviso (es. Slack o alternativa)
- pochi casi d’uso ben definiti sulla produttività:
- riassunti
- ricerca conversazionale
- digest intelligenti
- un modello di governance chiaro: chi decide cosa può fare l’AI, su quali dati, con quali policy
Non è sexy quanto lanciare “la nostra AI proprietaria”, ma è il modo più rapido per generare valore reale senza crearsi debiti tecnici e organizzativi colossali.
Governance, sicurezza e reputazione: una sola fuga di dati può bastare
C’è un aspetto che spesso viene ancora sottovalutato: l’effetto reputazionale.
Se anche solo un’azienda tra le decine di migliaia che usano una piattaforma AI-based si ritrova dati sensibili aziendali in un contesto pubblico, il danno di immagine per vendor e cliente è enorme.
Qui entra in gioco la differenza tra:
- LLM usati “nudi e crudi”
- LLM integrati dentro una piattaforma con:
- filtri in ingresso
- filtri in uscita
- controlli su cosa viene loggato, salvato, riutilizzato
Per un CTO, oggi, non è accettabile “tirare dentro un modello” senza:
- un’analisi chiara del perimetro di attacco
- una definizione delle policy di utilizzo
- un confronto serio con CISO e legal
L’AI non è un plugin, è una nuova superficie di rischio. E proprio per questo, il CTO che si fa trovare pronto ha l’occasione di giocare un ruolo centrale nelle scelte strategiche dell’azienda.
Da dove partire, in concreto, se sei un CTO
Se dovessi riassumere l’approccio sensato per un CTO che vuole usare l’AI per migliorare la produttività (e non per fare solo annunci), lo schematizzerei così:
- Parti dalla produttività, non dal modello
Non iniziare comprando un LLM. Inizia dai problemi quotidiani:- briefing prima dei meeting
- overload informativo nei canali e nelle mail
- allineamento tra team e stakeholder
- Scegli un hub, non una costellazione di silo
Metti a fuoco uno strumento di produttività che possa:- integrarsi con le tue business application
- ospitare AI in modo sicuro
- diventare “la stanza” in cui succedono le cose
- Definisci pochi casi d’uso end-to-end
Esempio:- “In 30 secondi devo capire cosa mi sono perso su cliente X”
- “Ogni mattina voglio un digest intelligente sullo stato di 5 progetti chiave”
- “Voglio interrogare pipeline, ticket e CRM con una query conversazionale unica”
- Metti subito a terra la parte di governance e sicurezza
- dati che l’AI può vedere
- ambienti in cui può operare
- log e audit
- policy per gli utenti
- Usa l’AI anche per migliorare il processo di scelta tecnologica
Fai in modo che l’AI aiuti i team a:- confrontare soluzioni
- sintetizzare pro e contro
- costruire business case e ROI da portare al board
Conclusione: l’AI come leva per fare emergere il valore del Tech
L’intelligenza artificiale applicata alla produttività non è solo un tema di efficienza. È un’occasione per rendere visibile il valore del lavoro tech.
Quando:
- le decisioni diventano più rapide e informate
- i flussi di lavoro sono più fluidi
- le scelte architetturali sono meglio motivate e difendibili
è molto più facile per un CTO dimostrare il proprio impatto su fatturato, marginalità, customer experience.
In questo scenario, strumenti come Slack, integrati con AI e con l’ecosistema applicativo aziendale, non sono “l’ennesima piattaforma da adottare”, ma il pianerottolo comune dove persone, dati e processi si incontrano in modo più intelligente.
La vera domanda, per chi guida la tecnologia, non è se l’AI entrerà nella produttività quotidiana dell’azienda. La domanda è: sarai tu a disegnarne le regole e l’architettura, o lo farà qualcun altro al posto tuo?