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In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale scrive testi, sintetizza voci e traduce in tempo reale, l’editoria sembra trovarsi davanti a un bivio: subire il cambiamento o guidarlo.
Emons Edizioni, casa editrice romana nata nel 2007, ha scelto la seconda strada e da anni dimostra come anche un settore percepito come “antico” possa evolversi grazie al digitale.
Ne abbiamo parlato con Joyce Hueting, Responsabile Digitale e IT dell’azienda, figura che unisce cultura e tecnologia in modo raro nel panorama editoriale italiano. La sua esperienza, iniziata nel 2009, racconta non solo la storia di una casa editrice, ma quella di un’intera transizione culturale: dal CD al cloud, dall’audiolibro fisico alle app proprietarie, fino alle prospettive del Web 3.0 e della proprietà digitale.
La rivoluzione silenziosa dell’audiolibro
“Quando sono arrivata in Emons,” racconta Joyce, “l’audiolibro era un oggetto fisico, un cofanetto di CD che poteva contenere anche dieci dischi. Era un prodotto di nicchia, pensato per un pubblico curioso ma ristretto.”
Eppure proprio da quell’oggetto, apparentemente fragile, è iniziata una delle trasformazioni più interessanti dell’editoria italiana.
La prima svolta tecnologica è arrivata con il CD MP3. “La compressione digitale ci ha permesso di ridurre drasticamente i costi di produzione e di distribuzione,” spiega Hueting. “Ma soprattutto, ha aperto le porte alla fruizione mobile. Il pubblico ha cominciato a trasferire i file su telefoni e lettori MP3: un cambiamento epocale, che ha spostato l’asse dal prodotto fisico all’esperienza digitale.”
Era l’anticamera di una trasformazione più profonda: quella che avrebbe portato Emons a essere uno dei primi editori italiani ad offrire audiolibri scaricabili online, ben prima che il mercato venisse scosso da player globali come Audible.
Il digitale come moltiplicatore, non come minaccia
Molti editori, all’inizio, guardavano con sospetto all’innovazione. L’idea che il digitale potesse “divorare” la carta era una paura diffusa.
Hueting ha vissuto in prima persona quella fase: “Nel 2009 l’editoria era terrorizzata dagli ebook e dal digitale. Ma la realtà ha dimostrato che la tecnologia non cancella, moltiplica. Il lettore oggi non sceglie: integra. Legge, ascolta, alterna formati e dispositivi.”
Il punto di forza di Emons è stato proprio questo approccio: vedere la tecnologia non come un fine, ma come un’estensione naturale della narrazione.
“L’obiettivo non è mai stato ‘digitalizzare per forza’, ma capire come il digitale potesse valorizzare il contenuto e raggiungere nuovi pubblici.”
Una visione che oggi sembra ovvia, ma che quindici anni fa era pionieristica. E che ha permesso all’azienda di costruire un’identità digitale autentica e sostenibile.
La crisi del CD e la nascita del modello ibrido
Ogni rivoluzione tecnologica arriva con una crisi.
Per Emons, la crisi si è manifestata con il declino del CD. I costi di produzione aumentavano, i duplicatori chiudevano, e le materie prime scarseggiavano. Ma quella che poteva essere la fine di un ciclo si è trasformata in un’opportunità per ripensare tutto il modello.
“Già prima della pandemia avevamo capito che il supporto fisico non era più sostenibile,” ricorda Hueting. “Ma non volevamo rinunciare al legame con il mondo librario, con le fiere, con il pubblico. Così è nata l’idea del QR code: un formato fisico che contiene l’accesso al digitale.”
È stata una delle prime esperienze in Italia di integrazione tra libro cartaceo e contenuto digitale, una via di mezzo tra il prodotto editoriale tradizionale e la fruizione nativa digitale.
“Il QR code ci ha permesso di continuare a vendere in libreria, ma di offrire al lettore la possibilità di ascoltare con un click. È stata la chiave per collegare due mondi.”
Dati, metadati e la nuova artigianalità digitale
Dietro ogni audiolibro, spiega Joyce, c’è una quantità di dati sorprendente.
“Un singolo titolo può contenere decine di file audio, copertine, descrizioni, formati di encoding, tracce capitolo per capitolo. Ogni file deve essere perfettamente allineato, etichettato e compatibile con i sistemi di distribuzione.”
È qui che la trasformazione digitale diventa una forma di artigianato tecnologico.
Gestire migliaia di titoli significa anche progettare architetture dati, workflow automatizzati e strumenti di validazione, un tema spesso invisibile ma cruciale per la qualità del prodotto.
“Abbiamo imparato a lavorare sui metadati come fossero parte integrante del libro. Ogni errore si ripercuote sull’esperienza del lettore, quindi abbiamo creato processi di controllo automatico e strumenti per aggiornare in massa le informazioni. È un lavoro tecnico e culturale insieme.”
Questa attenzione ai dati ha reso Emons una delle realtà più strutturate nella gestione digitale del contenuto, al punto da costruire internamente un database operativo e software su misura per la produzione.
Dall’audiofile all’app: il passo verso la piattaforma
Quando i limiti tecnici dei formati scaricabili hanno iniziato a farsi sentire – in particolare su iOS, che non permetteva il download di file zip di grandi dimensioni – Emons ha scelto di fare il salto successivo: creare una propria app.
“Un’app non si ferma mai,” dice Joyce sorridendo. “È un organismo vivo, che evolve continuamente. Ma era l’unico modo per avere un canale diretto con i nostri utenti, senza dipendere esclusivamente da piattaforme esterne.”
La prima versione permetteva il download dei file. Poi è arrivato lo streaming, con server dedicati e sistemi di gestione dei contenuti. Ma l’aspetto più interessante è stata l’integrazione dei QR code: l’app è diventata l’anello di congiunzione tra i libri fisici e il mondo digitale.
“Volevamo un ambiente nostro, in cui l’esperienza dell’utente fosse coerente con la nostra identità editoriale. Per noi, la tecnologia non è un ‘servizio’, ma parte della narrazione.”
Un modello alternativo ai grandi player
Nel mercato dominato da giganti come Amazon, Storytel o Bookbeat, una realtà indipendente come Emons potrebbe sembrare fuori scala.
Eppure il posizionamento scelto è preciso: un modello ibrido e proprietario che combina l’acquisto a vita (alla carta) con la possibilità di fruire offline.
“Le piattaforme di abbonamento ti danno accesso, ma non proprietà. Noi crediamo che il lettore debba poter ‘possedere’ ciò che compra, anche in digitale. È una questione di cultura, non solo di business.”
Parallelamente, Emons ha costruito collane fisiche che integrano contenuti audio: libri per bambini e ragazzi che contengono codici d’accesso all’audiolibro.
“Vogliamo formare gli ascoltatori di domani. È qui che si crea il futuro del nostro pubblico,” dice Hueting.
Questo approccio ha rafforzato la presenza nelle scuole, nelle biblioteche e nelle librerie, creando un ecosistema di ascolto e lettura intergenerazionale.
L’orizzonte: AI, API e Web 3.0
Guardando avanti, Joyce Hueting immagina un’editoria più connessa, più modulare e più “intelligente”.
“Il Web 3.0 apre scenari interessanti: token digitali, proprietà distribuita, interoperabilità tra piattaforme. Potremmo immaginare un sistema in cui un audiolibro acquistato in un contesto può essere rivenduto o trasferito digitalmente, mantenendo tracciabilità e diritti.”
È una visione che intreccia tecnologia e cultura, e che può ridefinire i confini dell’editoria stessa.
“Non vedo la tecnologia come una minaccia per i creatori. La vedo come un mezzo per moltiplicare la creatività. Gli strumenti digitali ci permettono di produrre meglio, più rapidamente e con meno errori. Ma restano al servizio delle idee.”
Anche internamente, Emons ha applicato la stessa logica: la digitalizzazione non è solo nel prodotto, ma nei processi operativi e di produzione.
“Abbiamo sviluppato un software interno che gestisce l’intera filiera di produzione audio. È la dimostrazione che anche una casa editrice indipendente può comportarsi come una tech company, se ha la giusta mentalità.”
Cultura e tecnologia: un binomio inscindibile
Il caso Emons mostra come la vera trasformazione digitale non sia tecnologica, ma culturale.
Richiede apertura mentale, capacità di sperimentare, e una visione che unisca sensibilità umanistica e competenza tecnica.
Joyce Hueting rappresenta perfettamente questo ponte: laureata in discipline umanistiche, ma con una passione autentica per l’informatica e la multimedialità.
“Credo che la chiave sia proprio qui,” conclude. “Mettere la tecnologia al servizio della cultura, e non il contrario. Solo così l’innovazione diventa sostenibile e significativa.”