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Quando la cautela diventa un limite
Apple ha sempre preferito l’integrazione silenziosa all’annuncio fragoroso. Quando tutti correvano a lanciare chatbot e modelli linguistici, a Cupertino si parlava di “Apple Intelligence”, di privacy e di on-device AI. Un approccio coerente con l’identità del brand, ma che oggi mostra crepe evidenti.
Mentre Google, Microsoft, OpenAI e persino Meta avanzano a colpi di modelli, plugin e framework agentici, Apple è rimasta indietro. La nuova Siri basata su AI è ancora lontana dall’essere affidabile. Le demo alla WWDC hanno sollevato più domande che entusiasmo. E anche gli investitori iniziano a notare lo scarto.
È in questo contesto che trapelano le voci su una possibile acquisizione di Perplexity AI. Nulla è confermato, ma i colloqui esplorativi interni ci sono stati. E sono sufficienti per accendere l’interesse: perché se Apple vuole tornare rilevante nella corsa all’AI, Perplexity potrebbe essere la scorciatoia che serve.
Perché Perplexity fa gola a Cupertino
Perplexity è una delle startup più interessanti del momento nel campo della ricerca AI-driven. Con oltre 780 milioni di query al mese e una crescita superiore al 20% mensile, ha dimostrato che un’alternativa credibile a Google è possibile. E che l’esperienza di ricerca può diventare conversazionale, verificabile, e aggiornata in tempo reale.
Non è un caso che anche Meta abbia tentato (invano) un’acquisizione, prima di riversare 14,3 miliardi in Scale AI. Non è un caso che Perplexity stia rivalutando l’accordo con Google, complice il processo antitrust in corso. E non è un caso che Apple abbia incontrato l’azienda in diverse occasioni nei mesi scorsi, pur non avendo ancora avanzato alcuna offerta formale .
Il motivo è semplice: Perplexity risolve tre problemi critici per Apple.
- Motore di ricerca proprietario – L’accordo con Google (che vale circa 20 miliardi l’anno per Apple) è sempre più a rischio per via dell’antitrust. Un’alternativa integrata in Safari sarebbe un asset strategico.
- Esperienza AI nativa e agentica – Integrare Perplexity in Siri significherebbe fare un salto evolutivo in termini di capacità conversazionali, copertura informativa e intelligenza contestuale.
- Acquihiring di talento – Perplexity è guidata da un team di altissimo livello. Portarli dentro Apple significherebbe innestare competenze AI che oggi semplicemente mancano a Cupertino.
Lo stato arretrato dell’AI Apple
Le promesse fatte con Apple Intelligence non si sono ancora tradotte in un prodotto competitivo. Come ha ammesso lo stesso Craig Federighi, la nuova Siri non è ancora “sufficientemente affidabile per essere un prodotto Apple”.
La roadmap delle funzionalità AI è lenta, frammentata, troppo legata alla logica dell’on-device. Un’ottima scelta per la privacy, un freno potente per la competitività.
Nel frattempo, Apple è impegnata in una corsa disperata per attrarre i migliori talenti AI (anche quelli contesi da Meta e OpenAI), ma senza una visione chiara e integrata l’effetto è limitato.
Perché l’acquisizione non è così semplice
Valutata oltre 14 miliardi di dollari, Perplexity rappresenterebbe una delle acquisizioni più costose nella storia di Apple. Inoltre, comprarla vorrebbe dire, nel breve termine, rinunciare all’accordo miliardario con Google come motore predefinito su iOS. Una decisione non solo tecnologica, ma strategica e finanziaria.
C’è poi la questione reputazionale: Perplexity è già stata accusata di plagio e di mancata attribuzione delle fonti, come molti altri LLM. Integrare un modello del genere nel cuore dei sistemi Apple potrebbe sollevare problemi etici, legali e di posizionamento.
E infine, resta la possibilità che Apple opti per una partnership anziché un’acquisizione. Una soluzione più leggera da gestire, ma anche meno trasformativa.
Un bivio decisivo per il futuro dell’AI a Cupertino
Se l’acquisizione si concretizzasse, Apple entrerebbe finalmente con decisione nel mondo dell’intelligenza artificiale conversazionale e agentica, oggi dominato da OpenAI, Google, Anthropic e Meta.
Altrimenti, il rischio è quello di restare intrappolati in un approccio troppo prudente, mentre l’AI evolve in una direzione sempre più rapida e profonda, con impatti su ricerca, assistenti personali, produttività, customer experience e nuovi modelli di business.
E a quel punto, la differenza non sarà più tra chi ha una AI “più potente”, ma tra chi ha un assistente diffuso integrato nella vita degli utenti… e chi ha solo un’app aggiornata.
Apple ha davanti a sé un bivio: costruire, comprare o restare indietro. La storia dirà quale strada sceglierà.
Per chi vuole approfondire il tema dell’AI strategica e delle implicazioni per le aziende tech, sono disponibili le interviste su Pionieri del Tech e le ricerche condotte all’interno del Tech Leaders Club.